Poesia

“Petali di rose” sono gli attimi di poesia che sbocciano repentinamente sotto l’urgenza di un’ansia, un dolore o anche una gioia difficile da gestire.

Dai miei versi traspaiono sentimenti ed emozioni di una vita intensamente vissuta, senza i quali non è possibile percepire e concepire nel profondo la nostra esistenza di esseri umani, spesso soli e indifesi sotto i colpi di una sorte non sempre favorevole.

 

OPERE


LA FAVOLA INFRANTA

foto(2)“Nella poesia della Bonamore c’è una grande capacità di inventare, di metaforizzare il divenire.

La sua poesia è un’aria che si respira, un profumo che si diffonde, è l’urgenza di ritrovare i paesi dell’anima pieni di luce e di amore.

Ma un senso di rimpianto talvolta sconvolge la vitalità di questi sentimenti che si ritrovano al buio delle memorie e di affetti difficili a perpetuarsi.

“La favola infranta” potrà ricomporsi per rinnovare una vita d’amore?”.

Gaetana Pace

 

 

PERLA DI FIUME

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“Nella raccolta di versi Anna Maria Bonamore apre la casa del proprio passato, perlustra gli angoli più segreti, i luoghi dell’amore e della forzata rinuncia, con coraggio e verità.

E’ un viaggio in cui si alternano momenti di dolore e pacificazione con se stessi.

L’itinerario creativo si dipana attraverso le forze modulari del dialogo. Dialogo con se stessa, dialogo con gli altri da sé, senza abbandono ma con vigile attesa. […]

Ma la Bonamore non cerca nel ricordo un confronto protettivo, desidera solo comunicare l’immagine reale e complessa della sua esperienza, i traumi e le gioie che nel tempo hanno determinato i tratti della sua anima.

E’ un libro che nella sua limpida forma espressiva, per il suo linguaggio spoglio decisamente poetico, ha il pregio di evocare persone e paesaggi, storie e sentimenti che le consentono di raccontare se stessa”.

Eugenia Tantucci

 

ATTIMI DI POESIA

Il titolo3_poesia di questa raccolta, e anche più l’epigrafe posta ad apertura, avvertono che ci aggiriamo nelle regioni del poetico, di quel che va ben oltre il reale, per elevarsi e rifugiarsi in un mondo a parte, dove grazia e tenerezza, bellezza e felicità si mescolano e si confondono, se pure in una sottile perdurante malinconia.

E questa viene e s’insinua con il pensiero della precarietà e della brevità che tocca ai vivi e agli umani.

Subito la voce che si pronuncia e si conosce, avvolta nelle vesti tenue e alate di Psiche, ascolta e sente voci interne che oppone al rumore crescente e lo allontana e lo cancella.
Così procede negandosi come pensiero annaspante nel dubbio, come desiderio che scade.

Piuttosto si cerca e si vuole come minimo segno, creatura conclusa in una sua soave segretezza: colore tenue, ruscello chiaro, petalo, farfalla, tintinnio.

Sono presenze di un pianeta dell’anima che si rivelano nella ricerca di un’armonia ferma ed estrema. (Si leggano i numerosi componimenti brevi, lievi come quegli haiku che ci vengono dalla letteratura del Giappone e che accolgono visioni di un istante, emozioni e percezioni stemperate nella frase veloce, risolte nell’allusione e nel segno. In essi il respiro s’addensa, la visione si contrae: ‹‹Dolcezze / di antichi ricordi / turbano / la mia sera. / Non dormirò.››)

Ma c’è in molti versi di questo libro, e dentro e dietro molte parole chiuse come in un sigillo, un movimento (il mare con gli scogli che “scivolano plumbei nel crepuscolo”; il cielo con i suoi “accumuli che gravano sull’anima”) che rivela una soffusa inquietudine: da qui l’immobilità evocata, cercata.

Dunque, chi sappia intendere, troverà una pretesa e un’attesa di totalità; certo il fantasma della felicità. Ed è un fantasma chiamato da chi non si muove, né sa dargli nome.

Se il rischio è l’estenuazione, per la soavità e la bellezza imposta dal desiderio, affiora di continuo l’ansia di non essere nella vita vera, di non possedere che il dubbio e la paura. Da ciò deriva al libro una sua necessità e la sua difficile verità.

C’è in questo rivelarsi la foga dell’adolescente che pretende la pienezza e la gioia da opporre all’esistenza che comprende e dispendia l’errore e la mancanza. Questo adolescente si rifiuta alla “banalità della giornata”, a un’”anonima realtà”, ad una “vita che ti marcisce dentro”. Attende un miracolo, che pure sa impossibile, ma continua ad attendere: ‹‹ Felicità è un amore / che beve il tuo sguardo / fino a sazietà.››

L’amore è tema dominante in questa raccolta. Resiste e celebra i suoi trionfi anche nell’assenza. Inseguito, evocato, preteso, impasto di ebbrezze e di abbandoni, non smette di promettersi.

Ed è l’amore colmo intravisto nella fanciullezza, ed è quello della madre per il figlio e quello per la madre che torna nella memoria e chiede vicinanza e comprensione, e ancora l’energia profonda che porta all’altro e dell’altro dà somiglianza e la compagnia nel cammino dei giorni.

Ma subentra la solitudine, la consapevolezza del poco che spetta, della fragilità dell’amore e della speranza, e si riaprono “antiche cicatrici di lontane amarezze”, e nella luce del mattino sul mare si profilano rami simili a croci e s’addensano ombre.

Pure resistono e durano, nonostante il travaglio interiore e l’illusione caduta e la pena sempre riaffiorante, l’urgenza di libertà e la fiducia nel divino come confronto e traguardo, e ancora il desiderio e l’attesa disciolti e rinnovati nella parola della poesia.

 Elio Pecora

 

DIETRO IL VELO

annamariabonamore_dietroilveloL’itinerario di una vita, la summa di un’intera esistenza: ecco cos’è Dietro il velo, rassegna completa di tutti i testi poetici editi, oltre a numerosi inediti di Anna Maria Bonamore; alla quale rivolgo la mia più viva gratitudine per avermi offerto la possibilità di curare la sua ultima fatica, the latest certo, ma anche the last, nei suoi intendimenti, almeno ragionando in versi.

Mi sono già trovato a commentare altrove le prime suggestioni di lettura che mi scatenavano i suoi testi, così aspri e sofferti, ma anche sconfinatamente leggiadri: ho recuperato quei riferimenti, più tecnici e analitici, accludendoli in forma di postfazione alla presente edizione.

Le vibrazioni di quei carmi fanno ormai parte di me, le declino quasi col respiro, scorgendone genesi e aneliti profondi, in un insopprimibile processo di simbiosi e compartecipazione.

Quelle molecole verbali sono fini riflessi dell’anima, distillato purissimo di un’interiorità indomita e palpitante. Le ferite muliebri sublimano in fiori profumati, le amarezza di un cuore fortemente deluso innervano di lucida determinazione l’agognata palingenesi.

Il disincanto, virtù essenziale per chi è in cerca di un nuovo sè, assume più risalto e vigore se assistito da quell’intima coerenza che consiste nel non voler tradire le proprie più profonde inclinazioni.

Questo è il sale della vita, il timone di comando che argina le immancabili avversità, l’inanità del tutto. Più ci affanniamo a incardinare le nostre attività, presenti e future, in astruse combinazioni e più siamo costretti a ritrarci amareggiati e delusi, inermi di fronte alla forza del destino, dell’ignoto, dell’imprevisto.

La progettualità è beffarda chimera, vince solo chi è in grado di assecondare i capricci della sorte, cavalcando i marosi avversi senza esserne fatalmente inghiottito.

Un’ultima notazione mi sia consentita sul senso del titolo:  il velo, immagine che campeggia in tutto il volume, è sinonimo stesso di foschia, ineffabilità.

La sospensione della parola, che è anche la conclusione del percorso poetico proposto (Tutto quel che era da dire/ è stato detto) è esito scontato di una autocoscienza fermamente perseguita e finalmente raggiunta.

Il pessimismo e lo scetticismo si rianimano alla luce di un decoro stabile e rassicurante, mirabilmente restituitoci dai testi più recenti, non più, o non solo, amaramente riflessivi, ma anche sapidamente descrittivi, a tratti persino paesaggistici.

Arduino Maiuri